domenica 25 novembre 2007

Share Prize 2008, ecco i finalisti del premio torinese per le arti digitali


Ha lo scopo di scoprire, promuovere e sostenere le arti digitali, ed è aperto a tutti gli artisti italiani e stranieri. Giunto a Torino alla sua seconda edizione, lo Share Prize 2008 si è trovato a selezionare oltre quattrocento candidature provenienti da tutto il mondo, con un incremento di partecipazione di quasi il 50% rispetto al primo anno. Il premio vanta alla presidenza della giuria il guru delle nuove tecnologie Bruce Sterling, scrittore di fantascienza e giornalista di design, a Torino per collaborare al Piemonte Share Festival. La giuria, che assegnerà il trofeo “The Globe” durante lo Share Festival 2008, offrirà anche un premio di 2.500 euro all'opera che meglio rappresenterà la sperimentazione tra arti e nuove tecnologie, ed è composta - oltre a Sterling - da Piero Gilardi (artista, Torino), Anne Nigten (managing director, v2 e DEAF, Rotterdam), Stefano Mirti (architetto, Interaction design Lab, Milano). Intanto, in occasione della Saturday Night Art Fever di Artissima, è stata resa nota la shortlist dei sei artisti finalisti, che sono Emanuel Andel (Austria) con Knife.Hand.Chop.Bot, D3D (Italia) con “Virtual Identity Process”, Yamada Kentaro (Giappone) con “Tampopo”, Owl Project (Gran Bretagna) con “Sound Lathe workshop”, Scenocosme (Francia) con “SphèrAléas” e Christine Sugrue (U.S.A.) con “ Delicate Boundaries”.


link correlati
www.sharefestival.it

La Forma del futuro

Come sarà il nostro futuro? Quali forme avranno gli oggetti di domani? Quali delle tendenze economiche attuali prevarranno? A queste domande Bruce Sterling, noto scrittore di fantascienza, propone la sua risposta nel libro La Forma del Futuro, saggio dedicato agli sviluppi del design postindustriale che approfondisce alcuni concetti-chiave anticipati dall'autore nel precedente libro Tomorrow Now, e che descrive le modalità contemporanee di dare forma e memoria alle cose. Il saggio viene ora presentato a Torino, su iniziativa di Share Festival, con interventi dello stesso Sterling, di Andrea Bairati (Assessore all'Università, Ricerca, Innovazione e Internazionalizzazione della Regione Piemonte), Luca De Biase (direttore di Nòva 24 /Il Sole 24Ore), Claudio Germak (Politecnico di Torino - Word Design Capital Torino 2008). Sterling prospetta un'ulteriore evoluzione di ciò che oggi chiamiamo web 2.0, in un momento in cui fenomeni come il social-networking e la Radio Frequency IDentification (RFID) stanno dando vita a una nuova internet delle cose, che qualcuno ha già battezzato come web 3.0.

Dopo aver scritto La forma del futuro, si è trasferito a Pasadena come primo “Visionary-in-Residence” dell’Art Center College of Design. E’ fondatore del movimento Viridian Design (www.viridiandesign.org).


Titolo La forma del futuro (In libreria )
Autore Bruce Sterling
Editore Apogeo
Pagine 192
Prezzo 12,00 Euro
ISBN 88-503-2478-2


sabato 24 novembre 2007

Creative R'evolution

Può la cultura contemporanea aiutare un territorio a ricapitalizzarsi? Può il capannone generare non solo zone industriali? Possono "i schei" (soldi) produrre una nuova rinascenza nelle terre di Palladio e Tiepolo? Come agiscono arte, architettura e design se associate alla produzione? Tutte questioni alle quali cerca di dare risposte Creative R'evolution, ciclo di incontri internazionali - giunto alla sua seconda edizione - di raccordo tra cultura, impresa e territorio sul tema del genius loci con tre declinazioni: paesaggio e città, produzione e società, arte e sviluppo. Promosso ed organizzato da Fuoribiennale e dalla Regione Veneto in diverse location, il ciclo prevede dieci appuntamenti che prendono il via - nel nuovo spazio Monotono di Fuoribiennale, a Vicenza - con l'incontro dal titolo Junkspace, dedicato al teorizzatore dello "spazio spazzatura", Rem Koolhaas, che doveva essere presente ma che all'ultimo momento ha declinato. Fra gli ospiti previsti fino a gennaio 2008, anche Bruce Sterling - per parlare di tecnologia creativa (moderatrice Valentina Tanni) - e Pierluigi Sacco, che con Giovanna Furlanetto, Lino Dainese, Silvia Ferri parlerà dell'arte contemporanea come investimento.

Creative R'evolution, ciclo di incontri per il lancio del Distretto Creativo Italiano

Quali sono le nuove realtà creative? Dove si concentrano? Come si muovono? E perché saranno determinanti nello sviluppo economico e sociale dei prossimi anni? A queste – e a molte altre – domande cerca di dare la propria risposta Creative R'evolution, una serie di appuntamenti fra arte contemporanea, architettura e design promossi in varie località della provincia di Vicenza da Fuoribiennale. Il ciclo inaugura così la fondazione del Distretto Creativo Italiano , un organismo trasversale che mappa e mette in relazione le potenzialità creative sull'asse Milano-Torino-Veneto. Gli incontri si svolgono in spazi altamente significativi: dalle ville palladiane alle sedi di imprese innovative come Bisazza o Dainese, agli studi di designer come quello di Aldo Cibic, alla sede dell'Associazione Industriali di Vicenza, a teatri di ricerca come il Civico di Schio. Il primo appuntamento verte sul tema L'Impresa della Bellezza, con imprenditori - da Moroso a Lorenz -, giornalisti, artisti e intellettuali che si sfidano su questo tema affascinante e immateriale ma quanto mai determinante nel nuovo sviluppo delle logiche imprenditoriali territoriali. Fra gli incontri successivi, quello dedicato al Neomecenetismo nell'arte contemporanea, con rappresentanti delle Fondazioni Benetton, Bevilacqua La Masa, Querini Stampalia, Nicola Trussardi, Palazzo Forti. Selezionatissima la scelta dei relatori dei vari incontri, da Chiara Bertola a Giorgio Cortenova, Renzo Di Renzo, Luca Massimo Barbero, Virginia Baradel, giusto per fare qualche nome. Senza dimenticare Exibart, di cui molti collaboratori (Marco Sammicheli, Marco Enrico Giacomelli, Stefano Caggiano) intervengono come moderatori o esperti.

“Ora che abbiamo conquistato il mondo fatto di bit, dobbiamo riformare quello fatto di atomi. Non l’immagine simulata sullo schermo, ma la realtà corporale, fisica. Non curve matematiche e rendering, ma cose grosse e pesanti, che possono essere afferrate e tirate. Questo è l’universo che deve essere conquistato. Perché il mondo non può cavarsela da solo. Non è sostenibile, non ha futuro.” (Bruce Sterling)

Sarà sempre più difficile nel prossimo futuro parlare di oggetti inanimati per descrivere il mondo delle cose. Già oggi molti degli oggetti che ci circondano sono dotati di sensori e microchip, trasmettono e ricevono informazioni, interagiscono con le persone e l’ambiente. Andando a formare un complesso universo fisico interconnesso che è stato suggestivamente battezzato The Internet of Things, la rete delle cose. Lo slogan è stato coniato dall’Auto Id Center, organizzazione di ricerca con sede al
MIT di Boston che promuove lo studio e l’applicazione della tecnologia chiave di questo processo: la RFID (Radio Frequency Identification). Si tratta, in sostanza, di un’evoluzione del vecchio codice a barre; le nuove etichette elettromagnetiche (dette anche RFID tag o transponder) permettono di identificare oggetti, persone o animali, oltre che di tracciarne l’esatta collocazione. Il tag è composto da un microchip che contiene informazioni (natura dell’oggetto, provenienza, caratteristiche, istruzioni per l’uso, destinazione), ma anche da un’antenna per ricevere e trasmettere dati a distanza. Questa tecnologia viene utilizzata ad esempio per la gestione delle merci in viaggio da un magazzino all’altro, nei sistemi anti-taccheggio di negozi e supermercati, nelle biblioteche, in alcuni impianti di pedaggio autostradale e nelle tessere del trasporto urbano. Se è fuori discussione l’enorme utilità insita nel poter riconoscere un oggetto, individuarne la posizione e ricostruirne l’intera storia, è quasi superfluo sottolinearne gli aspetti controversi in un settore già molto delicato come quello della privacy.

Le preoccupazioni di chi mette in guardia dai rischi del contemporaneo regime di dataveillance (termine coniato da Roger Clark per definire un controllo basato sulle tracce informatiche di carte di credito, telefoni cellulari e reti) sono, com’è facile intuire, aumentate esponenzialmente con la massiccia introduzione di dispositivi RFID.
Aldilà delle applicazioni pratiche delle nuove etichette intelligenti, e delle questioni etiche e legali legate al loro utilizzo, è interessante approfondirne anche le implicazioni visionarie, creative e filosofiche. Numerosi sono infatti gli intellettuali, gli studiosi e gli artisti attualmente impegnati nella ricerca e nella sperimentazione sulla tecnologia RFID. Lo spunto principale ci viene dall’inossidabile Bruce Sterling, scrittore statunitense autore di romanzi caposaldo della letteratura cyberpunk, osservatore attento e acutissimo delle conseguenze psico-sociali del nostro ambiente altamente tecnologizzato. Nel suo ultimo saggio, Shaping Things (MIT Press, 2005), ripercorre l’intera storia del rapporto dell’uomo con le cose che costruisce e utilizza, dai semplici artefatti realizzati a mano fino alle macchine più complesse. Per descrivere i nuovi “oggetti intelligenti” (smart objects), Sterling conia l’affascinante termine spime, ponendo l’accento sullo strettissimo legame che questi nuovi prodotti intrecciano con il luogomomento. Gli spime possono essere rintracciati esattamente nel tempo e nello spazio (space + time).
Già da un paio d’anni a questa parte, gli RFID sono entrati nelle opere dei media artist di tutto il mondo, come era già successo per computer, telefoni, reti, cellulari e sistemi satellitari. Sempre Sterling, in una recente conferenza londinese, ha definito la tecnologia RFID (da lui ribattezzata arphid, termine subito adottato dalla comunità artistica per il suo indubbio carattere evocativo) come “il futuro dell’arte mediale”. Citando una serie di progetti artistici che ne sfruttano le potenzialità ed azzardando persino una previsione sul futuro sviluppo di tale tendenza (un primo periodo “magico” alla Meliés, incentrato sullo stupore per il dispositivo; una seconda fase di detournamento, che sottolinea il carattere controverso della tecnologia; e infine una fase matura).

e il

Osservando il panorama attuale, e volendo seguire la mappatura dello scrittore americano, l’impressione è quella di trovarsi più o meno a metà strada tra il primo e il secondo stadio. I progetti attuali infatti sembrano aver già in parte superato la semplice infatuazione tecnofila e già riflettono sulle implicazioni sociali e cognitive del nuovo universo fatto di cose interconnesse.
Nancy Nisbet, giovane artista canadese, già nel 2004 si impiantò un transponder nella mano e lo collegò ad un lettore posizionato all’interno del proprio mouse, in modo da tracciare ogni suo movimento sulla rete e riprodurlo sullo schermo. L’opera, Tracking Virtual Identity, rifletteva sul rapporto tra fisico e virtuale, e sulla natura in evoluzione del concetto di identità. La statunitense Meghan Trainor invece inserisce gli arphids all’interno di oggetti/scultura da lei stessa ideati, che, collegati ad un apposito lettore, generano un’ampia gamma di suoni, dando vita ad una performance musicale.
Ma l’opera più recente, attualmente in mostra a Londra presso la galleria HTTP, è Urban Eyes, di Marcus Kirsch e Jussi Angesleva. Il progetto sfrutta la tecnologia wireless, i chip RFID, la rete di webcam e infine un network animale. I piccioni londinesi vengono nutriti con mangime “arricchito” di microchip, che rimangono all’interno del loro corpo per circa 12 ore. In quel periodo di tempo, i volatili si aggirano per i cieli della capitale britannica, inviando informazioni sulla propria localizzazione ad un computer e ai dispositivi bluetooth attivi nelle immediate vicinanze. Il segnale si collega alla webcam più vicina e fa apparire sugli schermi un’immagine aerea della città, nel punto in cui il piccione sta volando. Una deriva psicogeografica aiutata dalla tecnologia e supportata dal sistema di comunicazione più antico e letterario. Novelli piccioni viaggiatori dotati di transponder.


link correlati
www.rfidjournal.com
http://blog.wired.com/sterling
www.finearts.ubc.ca/nisbet
http://meghantrainor.com
http://project-urbaneyes.blogspot.com
www.hansbernhard.com
www.theseflocks.com
www.electric-clothing.com



martedì 13 novembre 2007

Pelanda - Centro di produzioni culturali


Ecco un esempio di centro di produzione culturale come lo intendiamo noi...

Il centro è già in network con i più importanti centri mondiali come il 104 di Parigi, il Cal Arts di Los Angeles , il Radialsistem, il Pact Zollverein , il Matadero di Madrid.

Pelanda - Centro di Produzioni Culturali, uno spazio di 4000 mq restaurato dal Comune di Roma, da un progetto ideato da Zoneattive già nel 1999. Un luogo interamente dedicato alla produzione culturale con sale di registrazione, teatro di posa, postproduzione video, ateliers per gli artisti, centro multimedia, aule per la formazione e una galleria di 1.000mq polifunzionale. In questo modo Enzimi avrà finalmente la grande occasione di operare in modo constante nel tempo, in un luogo che vuole essere innanzitutto un’occasione di dialogo e sostegno della creatività indipendente e del talento delle nuove generazioni.


Zoneattive nasce con l’obiettivo di occuparsi della produzione culturale emergente e nel 1999 sceglie l'area Mattatoio, all'epoca in disuso, per organizzare due dei suoi progetti più importanti: Enzimi e la Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo. A seguito del loro successo, il Comune di Roma decide di trasformare la destinazione d'uso dell'area da commerciale a culturale. Nell’arco di questi ultimi anni, Zoneattive ha sviluppato l’idea di creare un luogo dove poter lavorare in maniera stabile sulla produzione culturale e ha individuato nel Mattatoio la sede ideale per poter dar vita a questo progetto. Nel 2005 Zoneattive ha ricevuto l’incarico di gestione per la durata di 20 anni del Centro di Produzioni Culturali da parte del Comune di Roma e una volta finiti i lavori di recupero, ora già molto avanti, Zoneattive avrà il compito di gestire lo spazio come luogo ideato per la sperimentazione, l'innovazione e lo sviluppo delle nuove tendenze e della creatività giovanile in tutti i settori dell’arte e dello spettacolo. La Pelanda sarà un punto di riferimento per artisti e operatori di cultura che desiderano sviluppare nuove idee e realizzare progetti in grado di confrontarsi con un mercato ampio e internazionale. Il Centro nascerà all’interno del complesso Città delle Arti nel Mattatoio di Testaccio e occuperà il padiglione della ex Pelanda, un’area restaurata di 4.200 mq. La struttura potrà ospitare la produzione di spettacoli, di materiali audio-video, aule per la formazione e per la documentazione, alcune attività commerciali, spazi espositivi.

La Città delle Arti sorgerà nell'area dell'ex Mattatoio di Testaccio, recuperato dal degrado e adibito a spazio per la cultura e che sarà ultimato nella sua interezza nel 2008. Le soluzioni per la riqualificazione sono state individuate in relazione ad obiettivi di conservazione del patrimonio architettonico esistente, e in accordo con l’ACEA in condizioni di risparmio energetico e sostenibilità ambientale. All'interno della città saranno ospitate le seguenti strutture: l'Accademia delle Belle Arti, l'Università Roma Tre (Facoltà di Architettura, DAMS, Dipartimento di Arte e Spettacolo, la Biblioteca delle Arti), l'Altro Mercato, il Centro di Produzioni Culturali Giovanili, il Museo di Arte Contemporanea di Roma (MACRO), la Scuola di Musica di Testaccio, il Villaggio Globale, il Teatro dei Cocci e il Centro Culturale Ararat. Le caratteristiche urbanistiche ed architettoniche del luogo, la volontà dell'amministrazione comunale e i soggetti coinvolti delineano con chiarezza la possibilità di fare del Mattatoio il principale luogo deputato alle attività artistiche per la formazione, per la produzione e la fruizione delle Arti. L’obiettivo della Città delle Arti è quello di porsi come punto di riferimento per tutte le realtà culturali presenti sul territorio ma anche come polo di innovazione artistica a livello internazionale. Il centro è già in network con i più importanti centri mondiali come il 104 di Parigi, il Cal Arts di Los Angeles , il Radialsistem il Pact Zollverein , il Matadero di Madrid.